Qualche giorno fa mi è capitato di sfogliare una copia del Centro che mi aveva incuriosito per il titolo in prima pagina, stranamente sguarnito di qualunque immagine riguardante il terremoto:
L’Aquila, i giorni della paura
Sotto un titolo così mi sarei infatti aspettato di vedere cumuli di macerie, case sventrate, tendopoli etc. e invece nulla. “Ma di quand’è questo giornale?” – mi sono allora chiesto. Leggo la data e rimango un po’ sorpreso: 1° aprile 2009.
Alla paura per il terremoto, quello che dopo appena cinque giorni avrebbe poi davvero devastato L’Aquila e sconvolto l’intera regione, l’edizione del Centro dello scorso 1° aprile dedicò ben tre pagine in “Primo Piano”. Vari articoli (l’ultimo dei quali a firma di Giustino Parisse, il caporedattore della redazione aquilana che nel sisma del 6 aprile ha perso il padre e i suoi due figli) ed una serie di “informazioni utili”: la tabella della scala Richter e i relativi effetti, il grafico delle scosse del 30 e 31 marzo la cui intensità e frequenza avevano particolarmente allarmato la popolazione e persino un “decalogo” per difendersi dal terremoto (vedi in fondo).
Leggere quelle pagine oggi, col tragico senno di poi, fa un certa impressione, ma, ad essere sincero, anche molta rabbia.
«Come protezione civile», ha aggiunto De Bernardinis (vice capo dipartimento della Protezione civile, ndr) «siamo a fianco di sindaci e cittadini. La comunità scientifica conferma che non c’è pericolo, perché c’è uno scarico continuo di energia; la situazione è favorevole (…)»
dal Centro 1° aprile 2007
Il terremoto fa danni
Crepe in 7 edifici, anche oggi scuole chiuse.
di Vittorio Perfetto
L’AQUILA. A letto con il terremoto. Sta diventando una brutta abitudine per gli aquilani, che crea panico. Le scosse di terremoto non si fermano e dopo le sette registrate lunedì, con la massima di magnitudo (4.0) da quando è in corso lo sciame, c’è n’è stata un’altra ieri notte e due ieri mattina. Vigili del fuoco e Comune sono al lavoro per verificare la stabilità degli edifici. Le scuole restano chiuse anche oggi, mentre la De Amicis è inagibile per le crepe. Ieri si è riunita la Commissione grandi rischi.
COMMISSIONE GRANDI RISCHI. «Convivere con le caratteristiche dei territori e mantenere uno stato di attenzione, senza avere uno stato di ansia: sono gli insegnamenti da tenere a mente dopo le ripetute scosse sismiche avvertite nelle ultime ore nell’Aquilano», secondo il vice capo dipartimento della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, inviato in città dal capo del settore, Guido Bertolaso, che ieri sera ha presieduto la riunione della Commissione nazionale grandi rischi, a Palazzo Silone.
RASSICURAZIONI. «Come protezione civile», ha aggiunto De Bernardinis, «siamo a fianco di sindaci e cittadini. La comunità scientifica conferma che non c’è pericolo, perché c’è uno scarico continuo di energia; la situazione è favorevole. Questa vicenda deve insegnare due cose: convivere con territori fatti in questo modo, cioè a rischio sismico; mantenere uno stato di attenzione, senza avere uno stato di ansia». C’è da rassicurare, per quello che si può, la popolazione, soprattutto dopo le voci «di qualche imbecille», come ha precisato lo stesso Bertolaso, che ha messo in giro possibili allarmi con scosse ancora più forti. L’Istituto nazionale di geofisica esclude la possibilità di prevedere terremoti e il concetto è ribadito dall’assessore regionale alla Protezione civile, Daniela Stati, e dal responsabile Protezione civile della prefettura dell’Aquila, Gianluca Braga.
NUOVE SCOSSE. Perché ieri L’Aquila, dopo la nottata in bianco, ha tremato ancora e nella popolazione c’è paura. Gli aquilani lunedì notte sono andati a letto con una scossa magnitudo 3.3, alle 23:57, e ieri mattina si sono risvegliati con una nuova scossa, alle 8:04, magnitudo 2.5. La terra ha tremato ancora alle 13:14 (magnitudo 2.8). Con queste ultime tre, il numero totale delle scosse in provincia sale a 179 (avvertite 41).
LE VERIFICHE. Da quarantott’ore sono al lavoro quattro squadre dei vigili del fuoco, che hanno risposto a una cinquantina di chiamate lunedì e a 65 ieri, tutte da privati cittadini, per
i controlli nelle abitazioni e palazzi antichi. Da due giorni è in giro anche la Commissione del Comune, coordinata dall’assessore alle Opere pubbliche, Ermanno Tisi, e dal dirigente, Mario Di Gregorio, per verificare eventuali danni negli edifici pubblici, scuole in particolare.
I DANNI. E proprio in alcuni edifici scolastici sono state riscontrate lesioni strutturali che hanno indotto il sindaco Massimo Cialente, a e due ordinanze: una di chiusura di tutte le scuole per la giornata di oggi, per permettere di completare le verifiche sui 52 edifici, dalle materne agli istituti superiori.
SCUOLA INAGIBILE. L’altra ordinanza di chiusura riguarda la scuola elementare De Amicis, a San Bernardino, dichiarata inagibile. «Sono state riscontrate lesioni strutturali al soffitto e la scuola resterà chiusa per almeno un anno, forse due», ha detto 1’assessore Lisi. Nello storico edificio, sede antica dell’ospedale, sono in corso lavori al tetto. Ieri il Comune si è subito attivato per cercare una sistemazione, anche provvisoria, per gli alunni.
ALTRI DANNI. Le verifiche hanno evidenziato danni in altri edifici pubblici, con crepe strutturali alla scuola materna di Onna, gestita dalla suore, la scuola elementare di Roio e il Centro linguistico dell’Ateneo, in via Assergi. Questi tre edifici, però, non sono stati dichiarati inagibili. «Poche e lievissime lesioni si sono registrate in altri edifici, ma che non destano allarme. Oggi, dopo le verifiche, avremo un quadro completo», ha precisato Lisi. I vigili del fuoco hanno registrato danni solo in tre edifici privati, due case nel centro storico e un palazzetto in corso Vittorio. Nessuna abitazione è stata sgomberata.
Le ore di paura a rigirarsi nel letto
Molti hanno preferito dormire all’aperto e per gli studenti è quasi festa.
di Giustino Parisse
L’AQUILA. Alzi la mano quell’aquilano che da 48 ore non ha cambiato un po’ le sue abitudini di vita. Nulla di drammatico, per carità, ma è inutile negare quella sensazione di disagio, quel rigirarsi nel letto cercando di prendere sonno e con un piede fuori dalle coperte pronto a scappare non si sa bene dove. La forte scossa di lunedì pomeriggio ha creato in tutti –
anche in quelli che fino a pochi minuti prima dicevano di non temere il terremoto – un senso di precarietà che ha risvegliato paure ataviche in una terra da sempre ballerina.
Nella notte fra lunedì e martedì si sono viste scene di panico che hanno coinvolto giovani e anziani. Chi ha potuto ha dormito fuori. Nei piazzali di alcuni supermercati si sono materializzati veri e propri accampamenti.
C’è ha provato a dormire in macchina, chi ha invocato l’arrivo della Protezione civile per un minimo di conforto. Altri, la maggioranza, hanno preferito restare, nonostante tutto, in casa e col cellulare in mano: «Ma tu che pensi, finirà oppure arriverà la scossa forte?»: una domanda ricorrente con lo sguardo fisso al lampadario: si muove o non si muove? E poi a frugare negli angoli per cercare qualche crepa: e se cade tutto dove vado, meglio sotto il tavolo o sotto la porta? Uno stillicidio segnato ogni ora da una nuova scossa con la paura che in pochi secondi possa svanire il lavoro di una vita. Poi, sfiniti, verso mezzanotte si va un po’ trepidanti a letto. Ma ecco la scossa ti sveglia di nuovo. Le luci si riaccendono: l’hai sentito? Bella botta – si fa per dire – anche questa. Ma quando finisce? Il resto della notte passa nel dormiveglia con l’incubo di vedersi crollare tutto addosso.
Per gli studenti universitari la notte del terremoto è diventata un po’ una notte bianca. Per paura, o semplicemente per avere una scusa in più per tirare tardi, centinaia, di ragazzi hanno affollato le piazze principali del centro storico. Chitarra, fiaschetta di vino, zainetto con due felpe e due paia di calzini (perché non si sa mai), in molti hanno occupato la parte alta di piazza Duomo. «Le nostre case sono vecchie», qualcuno spiega, «nessuno di noi se la sentiva di restare a casa dopo le scosse. E poi qui si sta bene, non fa neanche freddo. Il clima da bivacco è quello giusto e ci si può sedere a terra attorno a un paio di chitarre senza neanche bisogno di falò». I ragazzi sono andati avanti per ore a suon di Ligabue, Battisti, Vasco Rossi. Qualcuno, per esorcizzare gli eventi sismici ha cantato dieci volte di fila la canzone «Terremoto» del gruppo fiorentino, Litfiba. Qualcun altro, per avere qualche bicchiere in più a disposizione ha anche organizzato un’apposita raccolta fondi, raccogliendo spiccioli con la custodia di una chitarra. Gli altri sono andati in giro per i locali, facendo lievitare gli incassi di un lunedì sera, altrimenti “morto”, alla faccia della crisi e del terremoto. Certo, non tutti l’hanno presa a ridere. I vigili del fuoco e gli altri volontari della protezione civile si sono trovati a rispondere a domande di ogni tipo. «Quando potremo tornare a casa?», ha chiesto una ragazza spaventata e convinta di essere nel bel mezzo di uno “sfollamento”.
Le 10 regole contro il terremoto
•Non usate le scale durante la scossa: a volte sono la parte più fragile della casa
•Cercate un luogo dove non vi siano oggetti sopra di voi
•Se siete in casa e l’edificio è sicuro non provate a uscire durante la scossa
•Riparatevi sotto un tavolo vi proteggerà da calcinacci
•In alternativa ci si può riparare anche nel vano di una porta inserita in un muro spesso e solido
•Non usate mai gli ascensori la corrente che li aziona potrebbe interrompersi bloccandovi dentro
•Se siete all’aperto allontanatevi dai muri delle case perché potrebbero cadere tegole, cornicioni o camini
•State lontani da alberi, lampioni o cavi dell’alta tensione perché potrebbero cadere giù
•Non sostate sopra o sotto i ponti
•Un altro luogo abbastanza sicuro può essere l’angolo di una stanza fra due muri maestri
Rispondi